Quando l’horror a fumetti era cosa per pochi (e quasi tutti al di là dell’oceano). Parte prima.

La pin button del Creepy Magazine Fan Club.

creepypindi Giorgio Perlini

Ci sono passioni giovanili mai domate che ti consegnano bambino alla storia e al tempo che scorre, quando forse sarebbe giunto il momento di crescere (o almeno così dice mia moglie). A conferma – e personale consolazione – di non essere l’unico a trovarmi in questo stato potete leggere il libro di Antonio Faeti La storia dei miei fumetti, dove il professore riconosce a certe indimenticabili letture fanciullesche il ruolo di “educazione sentimentale”, un’educazione che resta per sempre.

Questo è il motivo che mi porta a parlare dei due oggetti qui a fianco, di valore direi più nostalgico che collezionistico, acquistabili, proprio ad esagerare, con cinquanta Euro al pezzo (niente in confronto al ben più brutto amuleto scaccia guai allegato al numero uno del Corriere della Paura, ma in Italia il collezionismo assume a volte connotazioni maniacali). Trattasi delle spille prodotte come merchandising per le riviste Creepy ed Eerie. I due magazine a fumetti, editi da Warren, videro la luce rispettivamente nel 1964 e nel 1966. In Italia le storie vennero edite da Mondadori a metà degli anni Settanta in tre volumetti della collana Oscar (Le spiacevoli notti di zio Tibia, Zio tibia colpisce ancora, Mezzanotte con zio Tibia), ribattezzando Uncle Creepy e Cousine Eerie, i due anfitrioni-conduttori, in Zio Tibia e Cugino Astragalo, traslando così dall’agghiacciante all’ortopedico. Ovviamente non vi fu alcuna campagna promozionale, dunque le spille che vedete in fotografia provengono dal mercato americano. Sono di formato piuttosto grande, sei centimetri e mezzo di diametro, di una bella latta serigrafata, e riportano le effigi dei due personaggi; il volto di Cousin Eerie è opera di un disegnatore non identificabile, quello di Uncle Creepy è di Jack Davis, un artista che credo debba essere considerato un pezzo fondamentale della storia del fumetto; su di lui mi è già capitato di scrivere un articolo – inserito nella sezione ” Ritagli” del sito – che vi invito a leggere. Cercando nei meandri della rete sono riuscito a scoprire che il disegno originale con lo zietto mostrato su tre lati è di proprietà di Francois Corteggiani. Le pins sono state realizzate nel 1968 e nel 1972 (poi rifatte successivamente con alcune varianti nel font scelto e nel colore, e gli stessi due soggetti utilizzati per stemmi in stoffa da cucire sugli abiti, ma restano oggetti cult solo le spille originali). Il merchandising legato agli horror magazines della Warren restò qualcosa di sconosciuto in Italia finché nel 1973 non venne pubblicata, sempre da Mondadori, l’antologia di fumetti Il piacere della paura curata da Marcello Ravoni e Valerio Riva, che riportava due pagine dedicate, con una indagine di gusto ironico-antropologico, a tutti quegli oggetti che i ragazzini americani avrebbero potuto richiedere per posta alla casa editrice. Scoprimmo così – parlo al plurale perché con me c’era il mio amico fraterno Francesco, e chissà quanti altri si unirono spiritualmente a noi – che si partiva con le spille ma si andava ben oltre, si potevano acquistare manifesti e filmini, maschere in lattice, modellini in scala di Frankenstein e dell’uomo lupo, la scatola contenente l’orribile insetto asiatico gigante Herman (non capimmo mai di cosa si trattasse), la ghigliottina in miniatura. Ho trascorso nella lettura e rilettura di quelle poche righe molto più tempo di quello destinato all’intero volume, e per anni, ogni volta che ho aperto il libro sono andato a riguardare le stesse due pagine. All’epoca provai anche a scrivere negli Stati Uniti ma non ottenni risposta. Mi rimase dentro la spina d’un amore non corrisposto ed oggi che le comunicazioni internazionali sono così immediate mi prendo insperate rivincite. Queste spille costituiscono l’emblema degli oggetti del desiderio preclusi da bambino.

Grazie Mondadori, grazie Ebay.

 

P.s.: L’editore Planeta De Agostini sta proponendo Creepy in bei volumi filologici (per ora le uscite sono due) così come Comma 22 sta facendo con Eerie (una sola uscita allo stato attuale), contenenti il materiale di cinque numeri della rivista per ogni volume. L’iniziativa non può che suscitare il mio entusiasmo, la stampa è di buona qualità; unica pecca per la Planeta l’incessante mancata traduzione di vocaboli spagnoli all’interno del testo italiano, per Comma 22 le smaglianti copertine originali riprodotte in bianco e nero.

 




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