di Giorgio Perlini
Di Camillo Pizzigoni in rete è reperibile giusto una manciata di immagini relative a manifesti pubblicitari, quasi tutte provenienti dalla Collezione Salce. Ben poco si impara su di lui, se non che è vissuto a Milano tra il 1921 ed il 1967 ed ha svolto le attività di grafico, illustratore, pittore e fumettista (ancora dati forniti dall’inesauribile miniera Salce). Analizzando quanto disponibile emerge il profilo di un artista versatile, aperto alle sperimentazioni ed in evoluzione continua, che giunge a fine carriera ad immagini sintetiche efficacissime e caratterizzanti il gusto della seconda metà degli anni Sessanta. Nei meandri di un percorso svolto tra il settimanale per ragazzine La Vispa Teresa ed il manifesto per il celebre Mosquito Garelli da applicare alla bicicletta (peraltro pubblicità bellissima) si scova un vera perla – anzi una collana di perle – dell’arte della réclame; una serie di 12 cartoncini di grande formato per altrettanti farmaci della ditta Knoll S.p.A. riportati e descritti sul retro. Datati 1954, sono realizzati con una tecnica originale e laboriosa: si tratta infatti di immagini ottenute fotografando personaggi tridimensionali in carta sagomata e ripiegata, così da creare pupazzetti sporgenti verso l’esterno e piatti dal lato da appoggiare al piano. La carta è quella dei fogli Fabriano, la cui filigrana viene appositamente lasciata in evidenza in varie occasioni. Illustrazioni di tale tipologia in Italia se ne sono viste raramente e queste hanno un sapore quasi pionieristico; i pupazzetti di Pizzigoni anticipano infatti l’indimenticabile trovata di Caballero e Carmencita, coppia ideata da Armando Testa per i caroselli della Lavazza. Certo in America alcuni illustratori avevano già aperto la strada. Per esempio Russell Jackson e Bill Rodhes, apparsi in Italia sull’enciclopedia I Quindici. Però la prima edizione italiana dei volumi è di dieci anni posteriore ai suddetti cartoncini, dunque non è così scontato che Pizzigoni conoscesse il lavoro dei colleghi americani. Vi è anche la differenza che mentre negli U.S.A. i personaggi erano solitamente inseriti in un’ ambientazione pure tridimensionale, i modelli di Pizzigoni sono scontornati e rimontati su fondo nero. Inoltre le foto, forse per motivi economici, sono realizzate in bianco e nero, dunque l’illuminazione delle scenette gioca un ruolo determinante nella resa finale. E’ studiata per rilevare i volumi ma senza stabilire contrasti troppo marcati, così che tutti i dettagli possano essere colti. Non esistono zone di nero pieno bensì una grande gradazione tra bianco e grigio. La carta, solitamente supporto al disegno, si trasforma in materiale da scultura, diviene strumento malleabile, si presta alla volumetria delle pance, alla divisione delle chiome in ciocche, alla plissettatura degli abiti, al ritaglio con le forbici per le sagome dei profili e con il taglierino per lo sbalzo dei dettagli. Relativamente a questi ultimi in certi casi il grafico li ha aggiunti a lavoro terminato, ma solo quando si tratta di minuzie irrealizzabili con le lame.
Per quanto riguarda il tema la serie propone, come suggerito dal titolo, una versione allegra della storia della medicina (che di per sé non sarebbe propriamente un argomento ameno) ed è composta da un prologo, curato anche nel lettering che ben si confà alle caratteristiche stilistiche di tutta l’operazione ed 11 soggetti nei quali si identificano tappe importanti della scienza medica. Si parte con “La medicina preistorica”, nella cui immagine un cavernicolo armato di martello di pietra è posto di fronte ad un suo simile steso a terra vicino ad una selce, cioè un bisturi dell’epoca. Dunque la mazzata è una anestesia, ma la situazione fa riferimento anche a ritrovamenti paleontologici di crani sui quali la presenza di fori dai margini netti lascia ipotizzare tentativi di interventi chirurgici eseguiti in epoche ancorché remote. L’uomo steso a terra tiene in bocca un osso, non solo ad indicare il tipico ornamento preistorico da cartone animato ma anche l’oggetto da mordere per sopportare il dolore. Si passa poi ad “Ippocrate padre della medicina”, in cui il vegliardo, col naso arricciato come un capitello ionico, porta un biberon per nutrire quattro simpatici neonati, battezzati rispettivamente Chirurgia, Medicina, Pediatria ed Ostetricia. Poi è la volta della “Scuola salernitana”: qui Pizzigoni si è preso molte libertà, i medici non hanno l’abbigliamento medievale che ci si aspetterebbe ma un look ottocentesco su cui spiccano insolite gorgiere del XVII secolo. E’ anche misteriosa la scelta di ciò che impugnano, e cioè un fiasco di vino, un pollo ed una mela. Forse trattasi di un riferimento al motto della scuola che raccomandava a chi non aveva un medico animo lieto, riposo e dieta moderata. Degli alambicchi corredano l’incontro dei tre dottori. Il cartoncino n.5 è dedicato a Leonardo da Vinci. Il genio, con penna d’oca in mano, è concentrato nella produzione di codici anatomici. Appesi sul fondale nero appaiono il suo (ipotetico) autoritratto ed un disegno di braccia con muscoli a vista, reali opere del maestro. Qualcosa di analogo avviene nella cartolina successiva, intitolata “Gli anatomisti”. L’abito del personaggio indica che ci siamo spostati di un secolo in avanti. Vi compare un dettaglio sibillino. Un braccio di carta ritagliata va a sovrapporsi alle natiche di un grande uomo scorticato, forse con l’intento di una ironica censura. Un gustoso umorismo si coglie anche nel cartoncino n.7, in cui un vigilie urbano ed un semaforo verde (nero nell’immagine) regolano il flusso di sorridenti pallini. Il titolo “La circolazione sanguigna” spiega inequivocabilmente che i pallini altro non sono che globuli rossi. Nel cartoncino n.8 “Siringa e stetoscopio”, basilari strumenti della medicina “moderna”, dimostrano con una stretta di mano il loro sodalizio. In un gioco di rimandi lo stetoscopio ha infilata nell’orecchio una cornetta acustica. Le geometrie solide dei due protagonisti ricordano certe pubblicità inventate da Fortunato Depero per Campari negli anni Trenta, anche in virtù del fatto che lo stetoscopio appare come un calice capovolto. La cartolina successiva si intitola “Koch e Pasteur”. A differenza del connubio precedente qui i due restano ben separati. E’ noto infatti che tra loro esisteva una rivalità. Sono rappresentati a cavallo d’una mucca e di un cane per suggerire la pastorizzazione del latte e la vaccinazione contro la rabbia. Per la cartolina n.10 confesso di essermi dovuto documentare: “Ehrlich” è un immunologo tedesco (di nome Paul) vissuto a cavallo tra Otto e Novecento, inventore della chemioterapia. Il bollino bianco che esce dalle sue mani è riconducibile alla “pallottola magica”, definizione coniata dallo stesso medico ad indicare la cura chemioterapica. Più difficile risulta l’identificazione dell’oggetto serpentinato, forse una raffigurazione della minaccia della malattia sotto forma di aspide, oppure un riferimento ai veleni prelevati dalle ghiandole dei rettili per produrre farmaci. La figura orientale al suo fianco allude al suo assistente giapponese Sahachiro Hata. La presenza della scimmia indica l’animale su cui venne sperimentata la cura contro la sifilide tramite Salvarsan, altrimenti noto come farmaco 606. Ne “Gli antibiotici” un grosso fungo, emblema delle muffe, svolge funzione protettiva di ombrello per un sorridente scienziato in abito moderno che potrebbe essere Alexander Flaming, scopritore della penicillina. La serie si chiude con “Il trionfo della medicina”, immagine allegorica di un pupazzetto con medaglia che sale verso l’empireo scalando una costruzione di alambicchi, provette e testi scritti.
Osservando il retro delle cartoline (dove non vi è nessuna descrizione dei soggetti) si nota un dettaglio non trascurabile. Nella seconda della serie vi è la pubblicità di un prodotto chiamato Cardiazol-Diacodid. Con l’aiuto di una lente di ingrandimento ho potuto decifrare la firma ed ho avuto la conferma al sospetto che si trattasse ancora di un disegno di Pizzigoni. Vi si vede un ulteriore pupazzetto di robot-medico che dall’anno 5353 prescrive il suddetto farmaco. Insomma il messaggio è che la Laeta Medicinae Historia non è affatto conclusa ed ha un proseguimento nel futuro con i prodotti della casa farmaceutica in questione.
A questo punto è evidente come l’ermeneutica di tali scenette, quasi a dispetto dello stile ludico, sia piuttosto difficile ed articolata, quasi contraria alle strategie di una logica pubblicitaria che punta spesso all’universalità. Ma bisogna pensare che tali illustrazioni non erano finalizzate a manifesti stradali, bensì destinate alla clientela colta e selezionata operante negli studi medici. I signori dottori ricevettero i 12 cartoncini con cadenza mensile a partire da Gennaio, e la Knoll invitava chi si fosse perso qualche pezzo a richiedere gli arretrati.
Personalmente trovo questa campagna pubblicitaria splendida (possiedo la serie e ne sono affascinato) e mi sembrava doveroso effettuarne un recupero anche perché le uniche notizie relative in internet la attribuiscono alla maestra elementare Giuseppina Pizzigoni, importante pedagoga ma figura del tutto estranea all’operazione. Tra l’altro la maestra morì nel 1947, sette anni prima dell’uscita della serie.
Camillo Pizzigoni, Laeta Medicinae Historia, serie di 12 cartoncini con pubblicità farmaceutiche della Knoll S.p.A., cm. 20 x 13,5, firmati Creazioni Pizzigoni Off.graf. Necchi Milano, 1954
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