Uno dei concetti base che i miei studenti imparano dal primo anno di studi è che l’arte è prerogativa degli uomini. Un tramonto non è in sé un’opera d’arte, la sua interpretazione ad olio su tela può diventarlo. Certo spostando il discorso sul frangente poetico Dio Creatore è il più grande degli artisti, dunque ogni forma vivente diventa un capolavoro; ma anche ragionando così capita frequentemente che, causa l’abitudine, la bellezza resti celata ai più. Il compito di rimetterla in luce spetta non solo agli uomini d’arte ma anche, a volte, a quelli di scienza. Quando poi le due discipline si amalgamano in un solo personaggio costui si pone quasi come un profeta. E’ il caso di Ernst Haeckel.
Confesso di conoscere l’opera di Haeckel solo da un paio d’anni; una mattina, tornando a casa da scuola attraverso il mercatino d’antiquariato del giovedì in Piazza 8 Agosto, vengo incuriosito da un volume in folio grande, con una copertina art-nouveau in cui campeggia una medusa impressa a rilievo. Inizio a sfogliarlo con delicatezza – sebbene sia ridotto ad un relitto – e trovo una successione di immagini straordinarie: animali di ogni genere, dipinti con la cura del miniaturista e l’eleganza art-nouveau, riempiono il libro disponendosi secondo simmetrie morbide, che lasciano loro la facoltà di adattarsi alla pagina senza costrizione alcuna, secondo schemi innati e spontanei come accade in un fiocco di neve. Ad ognuna di quelle creatura è stata dedicata una pazienza descrittiva incredibile, potrebbero diventare una per una soggetti unici della tavola, eppure si aggregano a gruppi di cinque o sei come cellule per costituire l’organo pagina. Il volume intero diventa un universo disegnato, con la sensazione che non si riuscirà mai a leggerlo-guardarlo tutto. Al piacere della scoperta inaspettata si aggiunge immediatamente la bramosia del possesso frenata dall’aver notato l’assenza di un numero imprecisato di pagine (è un libro assemblato con dispense che avrebbero dovuto essere rilegate in una cartella in mezza pelle chiusa con laccetto), così non chiedo neanche il prezzo ma prendo nota del titolo e di tutto il resto: Ernesto Haeckel, Forme artistiche nella natura, ediz. Corriere della sera, 1901. Rientro velocemente a casa, accendo il computer ed inizio a documentarmi.
Delle pubblicazioni originali non risulta in vendita alcunché, se ne rileva la collocazione solo nelle biblioteche pubbliche. Tre mesi dopo giunge all’asta su Ebay una copia completa ed in perfetto stato di conservazione della prima edizione italiana del libro. La tengo d’occhio per un po’ ma poche ore prima della chiusura dell’asta il prezzo supera i settecento euro. Li vale tutti ma non è un prezzo alla portata di un collezionista povero, quale sono io (lo so che è una contraddizione ed io sono un ossimoro vivente, ma vi giuro che è così). Mi rassegno alle nuove edizioni (purtroppo solo straniere) e con 40 Euro acquisto dall’Inghilterra sia il libro sospirato che un’altra opera similare del medesimo autore, dedicata a minuscoli organismi marini. Non avranno lo stesso profumo degli originali, sono di dimensioni ridotte sia nel formato che nel numero di pagine, le copertine rigide ed impresse a secco sono diventate semplici brossure, però, piccola consolazione, c’è qualche pagina di testo critico. La stampa è molto bella e rende giustizia all’abilita di Haeckel, che, a quanto pare, disegnava tutto da solo; crostacei, chirotteri, aracnidi, molluschi, batraci, rettili, resi con la smagliante gamma della cromolitografia riprodotta tramite le tecniche di stampa digitale.
Intanto imparo che il personaggio in questione, (nato a Postdam nel 1834 e morto a Jena nel 1919), animato da una forte e salutare curiosità iniziò presto a viaggiare e a riempire i taccuini di disegni con vedute panoramiche ed altri di tema faunistico, finché capì che lo studio della Natura sarebbe stata la sua strada, proprio perché gli consentiva di fondere il duplice amore per scienza ed arte. Divenne così uno stimato professore di zoologia ed in un certo periodo si rese celebre per le conferenze tenute in difesa della teoria evoluzionistica darwiniana. In particolare interpretò il pensiero di Darwin elaborando una concezione del mondo secondo cui materia e spirito sono amalgamate in una unica essenza viva da cui non possono essere scisse; tale visione in opposizione al pensiero dualistico venne definita “monismo”. E così ad aumentare lo spettro delle discipline frequentate da Haeckel giunse anche la filosofia. Ed è proprio tenendo conto di questa filosofia che si spiega la suddetta composizione armonica e corale delle pagine illustrate del libro.
“ C’è una Università piccola nella quale entrava, trent’anni or sono, un giovane professore che ci rimase sempre, sebbene poi le Università grandi gli spalancassero le porte. Quel giovane professore trovava un museo composto di qualche mezza dozzina di quadrupedi impagliati e lo ha fatto ricco di collezioni preziosissime come lo ha fatto ricco di pubblicazioni, memorie, volumi, iconografie ed altro somigliante. Il metodo che tiene il professore per arricchire quel museo è semplicissimo: gli dà tutto quello che raccoglie e riceve. I naturalisti vanno a visitare quella piccola Università da ogni parte d’Europa e del mondo e i giovani laureati vi si vanno ad ammaestrare. Quella piccola Università è la Università di Jena e il professore è Ernesto Haeckel (…)”. Così si esprimeva il professor Daniele Rosa della facoltà di Scienze dell’Università di Torino, nella prefazione alla Storia della creazione naturale Heckeliana. E lo scrupolo con cui Haeckel assemblava il museo è lo stesso con cui compone il libro. Sullo scienziato è palese tanto la fascinazione degli arazzi quattrocenteschi quanto quella delle nature morte fiamminghe. Inoltre anche i bestiari medievali risultano per lui fonte di ispirazione, e lo stupore che essi suscitavano nei pochi, privilegiati lettori è il medesimo che colpisce chi sfoglia il testo di Haeckel; eppure nei bestiari quasi tutto era inventato, a partire dalla descrizione degli animali e delle credenze su di essi fino ad arrivare al loro aspetto, mentre qui è tutto vero. Haeckel insinua in noi la colpevolezza della disattenzione insieme ad un sospetto di miopia per non aver mai notato la bellezza insita anche nelle creature più comuni, quelle che tante volte abbiamo avuto sotto gli occhi. La bellezza è rivelata, ed egli si pone, novello Leonardo, come sommo caso di scienziato-artista.
Haeckel fu uno degli artefici, prima ancora di venirne contaminato egli stesso, dello stile Liberty. L’uso di motivi decorativi zoomorfi nell’arredamento e nell’architettura deriva in gran parte dalle illustrazioni dei suoi libri. Tra l’estetismo estremo di Mucha e l’applicazione socialista della bellezza alla quotidianità su ispirazione morrisiana si piazzano le tavole Haeckel, che pure, è bene ribadirlo, sono tavole scientifiche. Dunque il Liberty è un’invenzione della Natura e gli artisti si arrovellano per cercare la mimesi di quell’eleganza. La celebre “bellezza del creato” è stata rivelata dal profeta Haeckel, in vitrtù del fatto che egli, a differenza degli altri artisti, è anche scienziato. Nel 1900 l’architetto René Binet progettò il padiglione dell’esposizione universale parigina riportando con esattezza i disegni dei radiolari haeckeliani studiati al microscopio, e successivamente ingigantiti fino a diventare architetture fantascientifiche. Anche la residenza di Haeckel a Jena, chiamata Villa Medusa, venne realizzata cercando l’adeguamento totale dell’apparato decorativo dell’edificio alle immagini dei celenterati. E come omaggio all’illustre scienziato il direttore del museo oceanografico di Montecarlo incaricò lo scultore Constant Roux di modellare un lampadario in vetro seguendo ancora le sue fantastiche illustrazioni relative alle meduse. In effetti, se pur tutte le creature disegnate da Haeckel sono meravigliose, ce n’è una, bella tra le belle, che assurge a regina, ed è quella che solitamente suscita un certo ribrezzo. La medusa diventa il simbolo del fascino vorticoso della scoperta di una natura antica non ancora studiata e di quello, altrettanto tentacolare della modernità delle metropoli; le sue trasparenze alludono alla nascente luce elettrica e ai globi delle lampadine, e saranno folgorazioni per i vetri di Emile Gallé e dei fratelli Daum.
Il metodo di analisi scientifica, l’uso della lente e del microscopio, portano all’esecuzione certosina del disegno, il quale a sua volta veicola l’idea che la struttura di quelle creature sia sconfinata e frattale; potremmo continuare ad oltranza a scendere nel dettaglio senza mai giungere ad una fine; tutto è ben de-finito per giungere all’in-finito evidenziando parentele genetico-morfologiche.
Tra le tavole spiccano quelle ambientate e quelle su fondo nero: nelle prime l’habitat partecipa alla definizione di un cosmo che diventa labirintico, modello pionieristico di quegli atlanti biologici per ragazzi dove gli animali debbono essere scovati in una sorta di didattico rimpiattino cartaceo. Nelle seconde domina l’opalescenza delle masse gelatinose degli cnidari e lampeggiano i carapaci di granchi dal nitore del cristallo. Questi esseri appaiono come evocati in una seduta medianica, fluttuano come ectoplasmi e una volta trovata la posizione giusta stabilizzano il loro aspetto. La scienza svela i misteri dei fondali oceanici sconosciuti e le forze di rotazione centrifuga e centripeta a cui sembrano adeguarsi quelle creature quasi aliene trasformano la tavola in un modello cosmico che ben rappresenta la concezione monistica haeckeliana del tutto.
La prima edizione del libro risulta essere la seguente:
Ernst Haeckel, Kunstformen der Natur, Liepzig und Wien, Bibliographisches Institut, editata a dispense tra il 1899 ed il 1904, completata con copertina in tela verde stampata a secco con box protettivo, formato in folio contenente 100 tavole cromolitografiche, ridotte di numero (50) nelle edizioni successive. La medesima edizione prevedeva anche la possibilità di essere conservata lasciando sciolte le 11 sezioni, tutte fornite di sovraccoperta, ma tenendole custodite in due cartelle-cofanetto distinte. Tale versione figura attualmente (Dicembre 2014) in vendita on-line da parte di una libreria tedesca alla cifra di 5750 dollari.
Segue poi l’edizione italiana del Corriere della Sera a cui si fa riferimento nell’articolo.
L’altro volume, dedicato ad alcune creature marine mostrate per la prima volta, è:
Ernst Haeckel, Die Radiolarien ( Rhizopodia radiaria). Eine Monographie, Berlin, 1862, opera con 35 tavole (alcune delle quali a colori) incise su rame.
Per quanto riguarda le edizioni moderne si segnala:
Art Forms in Nature, Prestel Verlag, 2008, prima edizione 1998, brossurato in quarto.
Art Form from the Ocean, idem, 2005, stesso formato con copertina goffrata.
01. Federica
Molto interessante il testo e grande Ernst!
02. Giorgio Perlini
Grazie mille! E grandissimo Ernst!