Avremmo anche potuto intitolare quest’articolo “All’inizio era Frazetta” *. Le citazioni bibliche non sembrino irriverenti, il punto è che se c’è un illustratore/pittore che ha influenzato tre (per ora) generazioni di disegnatori di genere fantasy eroico, quello è Frank Frazetta, classe 1928. Il padre di tutti. Certo, si potrebbe dire che forse lui deve qualcosa a Roy Krenkel ma allora il discorso potrebbe proseguire a ritroso fino ai dipinti della grotta di Lascaux. Siamo pragmatici: nessuno ha seminato così tanto e così tanto è stato imitato.
Racconto un aneddoto personale per esemplificare il fascino che l’opera del maestro americano esercita su persone appartenenti a generazioni differenti; Frazetta è stato il primo artista che io ho sottoposto all’attenzione di mio padre (pittore pure lui), fino ad allora era sempre capitato il contrario. Avevo sedici anni, era l’inizio delle vacanze natalizie ed ero andato ad Ancona per comperare dei petardi per la notte di San Silvestro. Prima di trovarli passai davanti ad una libreria che esponeva dei volumi di Frazetta in vetrina. Non potei trattenermi dall’entrare e quando uscii non avevo più neanche una moneta. Non vedevo l’ora di mostrare a mio padre l’acquisto. Appena rincasato glielo passai sotto al naso, molto fiero. Lui sfogliò con attenzione fino all’ultima pagina, allargando gli occhi di più ad ogni figura, poi disse: “Ma qui c’e scritto secondo volume, perché hai comperato solo questo?”. Ed io: “E dove li trovavo i soldi?” E lui: “Hai ragione, eccoli. Appena puoi per favore torna ad Ancona e compera tutta la serie”. Per anni abbiamo discusso se la serie dovesse stare nella libreria del mio studio o in quella del suo, la disputa è terminata quando ci siamo decisi a piazzarne una in corridoio, con l’accesso facile ad entrambi.
Frazetta si è mosso principalmente tra tre generi, l’horror, il fantasy e la fantascienza e, relativamente ai primi due, ha dipinto alcune delle immagini più belle del secolo. Per la fantascienza il discorso è più sfumato in quanto si tratta di un campo visivamente in continua evoluzione, legato ai reali progressi scientifici ed anche soggetto a mode e tendenze; mentre lo stregone di un’imprecisata era barbarica, rappresentato da artisti distanti una o due generazioni, avrà sempre lo stesso look, la tuta di un viaggiatore spaziale verrà mostrata con un design del tutto differente da illustratori distanti solo dieci anni uno dall’altro. La science-fiction di Frazetta, di stile barocco-déco, si colloca tra fumetti come Flash Gordon (1934) e film come La fuga di Logan (1976) eppure ancora oggi, proprio perché datata, ammalia con il suo profumo passatista.
Nel fantasy è innegabile che sia stato lo stesso Frazetta a stabilire le forme di un immaginario ormai collettivo più di quanto non abbiano fatto gli scrittori che ha avuto il compito di illustrare. L’universo visivo di personaggi come John Carter di Marte e Tarzan (entrambi di Edgar Rice Burroughs) o Conan (di Robert E. Howard) è stato plasmato da lui. Prendiamo un’immagine che possa fornire un esempio, il celeberrimo Death dealer, che non potevamo non riproporre anche in questa rivista. E’ il prototipo di tutti cavalieri oscuri visti nei fumetti e nei cartoni animati, copiati sulle copertine dei dischi heavy metal e rappresentati al cinema (uno degli ultimi esempi è la versione dei “Nazgul” nel Signore degli anelli diretto da Peter Jackson, in cui questi spettri hanno appunto il volto avvolto dall’ombra e dalle narici dei loro cavalli infernali escono nuvole di vapore mefitico). Così è avvenuto per altre sue creazioni.
Laddove i caratteri erano già codificati – si pensi a quanto l’iconografia horror sia debitrice al cinema degli anni Trenta – Frazetta si è introdotto in modo decisivo a rendere pittorico ciò che era filmico, avvampato nei colori ciò che era in bianco e nero, dinamico e vitale ciò che appariva lento nel ritmo e nella recitazione. Le riviste di fumetti dell’orrore degli anni Sessanta Creepy ed Eerie debbono alle sue copertine spettacolari gran parte del loro successo.
Prima della comparsa di Frazetta la pittura ufficiale non prendeva in considerazione soggetti popolari, ritenuti non degni, a meno di non riprodurre tali soggetti in stile, appunto, “pop”; Frazetta ha la pretesa, sacrosanta, di trattare certi temi con lo stile classico dell’Accademia ( ha studiato arte sotto un maestro italo-americano, Michael Falanga), i corpi torniti, le composizioni elaborate, la tecnica tradizionale dell’olio su tela. Egli dimostra che non ci sono soggetti nobili e meno nobili, è la sensibilità dell’artista che determina la riuscita dell’opera. Inoltre realizzando illustrazioni con una tecnica pienamente pittorica annulla la distanza tra il ruolo del pittore e quello dell’illustratore che prima era considerato un artista minore. E’ vero che lavorava in America, dove la strada era già stata aperta da N.C.Wyeth, Frederic Remington e Norman Rockwell, ma non credo che questo sminuisca i suoi meriti.
I temi preferiti da Frazetta sono quelli che riguardano la lotta dell’uomo per la sopravvivenza, lo scontro con la belva affamata, la battaglia selvaggia per la conquista delle donne, e l’illustratore americano ha la capacità di rendere reale ogni soggetto, anche il più inverosimile, attraverso il dinamismo. I suoi bozzetti sono un repertorio infinito di espressioni, pose, azioni. Non si trova un personaggio fermo, un viso vuoto. E, cosa davvero poco comune, in mezzo a quei segni veloci, graffiati col pennino in pochi minuti o eseguiti di getto a matita, non c’è mai un errore anatomico, prospettico, di alcuna natura. Straordinaria è anche l’accensione dei colori degli sfondi, solitamente sfocati, dove si lasciano vedere le sciabolate dei pennelli e la tela ruvida che emerge in superficie. Questa indefinitezza contribuisce al risalto dei personaggi. La tavolozza è un arcobaleno ma non tutti i colori vengono usati insieme poiché la loro funzione è quella psicologica (ed ogni colore, è risaputo, veicola emozioni differenti), inconscia, di suggerire l’atmosfera mentre lo spettatore concentra lo sguardo sulle figure. La luce conferisce alla scena un tono drammatico; o proviene dallo sfondo e isola i personaggi in silhouette, oppure cade su di essi lateralmente così da creare contrasto e lasciare l’ambiente in penombra.
Ciò che Frazetta crea è talmente efficace da non poter essere superato. Voglio dire che l’artista non ha uno stile così personale da risultare inimitabile, anzi, in quanto classico è imitabilissimo, ma nessuno riesce ad eguagliarne la forza e contemporaneamente l’eleganza, il dinamismo e la disinvoltura. Con quella disinvoltura il maestro di Brooklyn si è mosso nel fumetto agli esordi, poi nell’illustrazione, che è stata la parte più importante del suo lavoro, nella realizzazione di manifesti cinematografici (a quanto pare Steven Spielberg, Clint Eastwood e Sylvester Stallone sono suoi amici ed estimatori) e anche nella realizzazione di un lungometraggio a cartoni animati, Fire and Ice, del 1983, per il quale creò non solo i characters ma anche il plot ; purtroppo il lavoro passò quasi inosservato nonostante fosse uno sforzo notevole di realizzare qualcosa di diverso dagli imperanti canoni disneyani.
Insomma la produzione frazettiana è sterminata ed i fan, fino alla fine degli anni Settanta disperavano di perdersi gran parte del lavoro dell’artista, seminato in chissà quali riviste. In Italia, a parte qualche poster, non si trovava niente. Finché una società di editori americani ebbe l’idea di pubblicare in volume una selezione delle sue immagini più celebri. Non volendosi accontentare di fotografare copertine sbiadite, studiarono a fondo la questione fino a scoprire che la moglie del maestro aveva conservato quasi tutti gli originali. Così le opere vennero riprodotte dal vero e stampate con una definizione per l’epoca altissima. Il successo del primo volume, The fantastic art of Frank Frazetta, portò a pubblicarne altri quattro. Ristampati più volte, sono giunti all’inizio degli anni Ottanta anche in alcune librerie italiane particolarmente attente. La serie (quella di cui parlavamo all’inizio, che tanto piacque anche a mio padre) presenta circa duecento dipinti e più di quattrocento disegni in bianco e nero, e resta ancora oggi una delle più complete raccolte dell’opera seminale dell’artista.
* La cadenza trimestrale della nostra rivista ci dà la possibilità di organizzare i lavoro con tempi abbastanza lunghi. L’articolo che state leggendo è stato scritto ad Ottobre del 2009, programmato per essere pubblicato sul numero di AAA di Giugno. Oggi, 11 Maggio 2010, con la rivista già mezza impaginata, apprendiamo con tristezza la notizia che il grande Frank ci ha lasciati ieri, a causa di un infarto. Ci auguriamo di rendergli onore con un pezzo come ci risulta non ne siano mai stati scritti su di lui dalla stampa italiana, ed il titolo, già stabilito anch’esso, ci sembra ora quasi profetico.
Libri consigliati per il ricco apparato iconografico (con introduzione in lingua inglese):
The Fantastic art of Frank Frazetta, Rufus Publication/Peacock Press/Bantam Books, 1975 ( e seguenti ristampe ), volume in quarto, copertina in brossura.
Frank Frazetta book two, Peacock Press/Bantam Books, 1977 ( stesse caratteristiche del precedente).
Frank Frazetta book three, Peacock Press/Bantam Books, 1978 (stesse caratteristiche del precedente).
Frank Frazetta book four, Peacock Press/Bantam Books, 1980 ( stesse caratteristiche del precedente).
Frank Frazetta book five, Peacock Press/Bantam Books, 1985 ( stesse caratteristiche del precedente ).
Biografia:
Frank Frazetta è nato a Brooklin (New York) il 9 febbraio del 1928. Talentuoso fin da bambino (sembra che, su consiglio dei suoi insegnanti, sia stato iscritto all’Accademia di belle Arti all’età di soli otto anni), comincia a sedici anni a lavorare come professionista nel campo dei fumetti con storie di taglio comico. Successivamente, negli anni Cinquanta, collabora con alcune delle più importanti case editrici di fumetti tra cui DC ed EC, passando ai generi avventuroso, western e fantasy. Nel 1953 inizia a disegnare personaggi di successo quali Li’l Abner assistendo Al Capp e Flash Gordon sotto la guida di Dan Barry. Questo lavoro, oltre che costituire per lui un’ottima formazione, rivela la capacità di adattare il suo stile alle esigenze del momento, comprese quelle del fumetto erotico con la creazione, con Harvey Kurtzman, di Little Annie Fanny. Nel 1964 il primo numero della rivista horror Creepy ospita Werewolf!, una storia a fumetti disegnata da Frazetta ormai in stile personalmente superbo, forse l’ultima del maestro, che di lì a poco avrebbe compiuto il grande balzo verso le copertine. Tutte le testate della Warren (la già citata Creepy, poi Eeire e Vampirella), e numerosissimi romanzi epici e fantascientifici si contendono i dipinti di Frazetta, il quale, pur carico di lavoro, non ha mai abbassato il livello artistico continuando a stupire gli appassionati per circa trent’anni. Painting with fire, un documentario del 2003 reperibile in DVD, racconta il lavoro dell’artista, recentemente rallentato per problemi di salute e anche a causa della scomparsa della moglie, la quale curava il museo del marito, ormai considerato una delle leggende della pittura americana, situato in Pennsylvania. I pochi dipinti del maestro ancora in circolazione, abilmente eseguiti in sedute di poco più di una giornata nonostante la tecnica ad olio sia notevolmente lenta, raggiungono quotazioni che si aggirano intorno al milione di dollari.
Apparso su AEROART ACTION n.3 del 2010
01. Stefano
Concordo pienamente con quanto scritto. Anch’io sono stato conquistato dall’opera di Frazetta e cerco con le mie opere di ispirarmi a lui (senza arrivare a quei livelli)
Mi sono sempre chiesto se sarebbe possibile fare una grande mostra in Italia per far apprezzare a molti la sua arte!!
Sono un po’ stanco degli impressionisti…
Cordiali saluti
Stefano Tulipani
02. Giorgio Perlini
Grazie Stefano. Hai ragione, una mostra italiana su Frazetta sarebbe doverosa. Io non ho la facoltà di realizzarla ma approverei con entusiasmo l’iniziativa. Ricambio i saluti cordiali. Giorgio