Era il 1944 quando i Nazisti crearono una particolare frangia di SS finalizzata ad azioni di sabotaggio contro le forze alleate operanti all’interno della Germania. Le venne dato il nome di Wehrwolf , cioè armata del lupo (1) ed il simbolo che scelsero per indicarla fu la runa rappresentante sia il dente di lupo che il lupo stesso, nota come “wolfsangel”; tale segno derivava da quello che raddoppiato formava lo stemma delle SS (a cui venne attribuito il significato di vittoria) ed opportunamente incrociato era anche alla base della croce uncinata. Nella mitologia norrena i lupi sono compagni o addirittura figli degli Dei, strettamente collegati ad una categoria di guerrieri vichinghi chiamati Berserker, che si gettavano in battaglia, forse in stato alterato di coscienza, raggiungendo un furore invincibile. Veneravano Odino dio della guerra, combattevano di notte, erano vestiti con pelle di lupo, e costituiscono uno degli elementi alla base delle leggende sui licantropi. E’ chiaro dunque che l’attrazione che l’occulto esercitava sulle alte gerarchie del Nazismo fece sì che tutto ciò non venisse trascurato. Però, prima ancora di questa scelta, l’immagine del lupo era già stata associata alla Germania hitleriana da parte dei suoi nemici: la propaganda bellica si era servita del lupo – metafora del male nelle favole europee – per generare opere molto interessanti, tra cui spiccavano Thrifty pig, cortometraggio Disney del 1941 che faceva il verso a quello dei tre porcellini aggiungendo una svastica al braccio del lupo, poi Blitz Wolf , diretto da Tex Avery per la MGM nel 1942, divertentissima parodia auspicante la disfatta tedesca in cui il lupo veste i panni di Hitler stesso e cammina con un grottesco passo dell’oca; infine l’albo animato Victory March (2), dove le forze dell’asse rappresentate da Ezechiele lupo ed i suoi cuccioli si scontrano con i buoni eroi Disney. Ma la più bella interpretazione lupesca del fuhrer e dei suoi seguaci venne resa nel 1944 da un libro illustrato francese, mai visto in Italia. Scritta a quattro mani da Victor Dancette e Jacques Zimmermann e disegnata da Edmond Francois Calvo con la direzione artistica di William Pera, l’opera si intitola La bete est morte ! ed è divisa in due albi, sulle cui copertine l’inequivocabile figura di Hitler-lupo, con ciuffo e baffetti, si anima di una gestualità ricca di significati simbolici: nel primo albo (Quand la bete est déchainée) il dittatore, dalla smorfia feroce e con la coda alta in segno d’aggressione, alza la zampa per compiere il saluto nazifascista. Nel secondo albo (Quand la bete est terrassée) il lupo è stracciato e rattoppato alla meglio, vistosamente ferito anche sul muso e con un occhio bendato. Le zampe anteriori sono entrambe levate in segno di resa e la coda si infila mestamente tra quelle posteriori. Ad un occhio attento però non sfuggono alcune incongruenze: nel secondo albo il ciuffo del lupo ha cambiato colore da castano a nero, ed ora compaiono ai suoi piedi degli stivali logori che prima mancavano. Inoltre il naso dell’animale si è trasformato da quello tipico ad oliva dei cartoni animati in una strana protuberanza spigolosa con un pelo ritto in verticale. Il perché di questi cambiamenti risiede in un intoppo con Walt Disney stesso il quale, all’uscita del primo albo, richiese a Calvo di cambiare parzialmente le fisionomia del lupo, effettivamente ricalcata su quella di Zeke Wolf (Ezechiele lupo), e contemporaneamente propose l’ingresso nella sua grande azienda all’artista francese, il quale declinò l’offerta per continuare a lavorare in piena libertà. Calvo disegnò dunque la copertina del secondo albo tenendo conto delle richieste e quando il primo albo ebbe la seconda tiratura era già pronta una nuova copertina con il lupo modificato (a corredo dell’articolo si vedono tutte e tre le versioni, anzi, ne compare anche una quarta che riunisce i due albi in unico volume)(3). L’intervento di Disney fu tempestivo poiché il libro non si limita alla satira hitleriana ma racconta tutte le fasi della seconda guerra mondiale in Europa (e mostra anche lo scontro sull’Oceano Pacifico), infatti riporta il sottotitolo La guerre Mondiale chez les animaux, coinvolgendo direttamente gli Stati Uniti e rendendo un grande tributo all’esercito di liberazione americano, ancora presente in Francia quando venne pubblicata l’opera. Mentre la questione copertina è riportata nella scarsa bibliografia relativa, non mi risulta si faccia menzione da nessuna parte del fatto che anche tutti i lupi disegnati all’interno del libro dovettero essere “censurati”, ed il lavoro venne eseguito con una certa cura, come evidenziato da alcuni particolari fotografati qui a lato. Comunque anche con i nasi monchi dell’ “oliva” le illustrazioni di Calvo sono splendide. La guerra, benché non privata di certa brutalità, è narrata in coloratissime tavole dove testo e immagini si incastonano in equilibri perfetti di costruzione della pagina senza mai prevaricarsi. E’ chiaro l’intento di rivolgere il prodotto ad un pubblico molto giovane e per questo la parentela con il cartone animato è stretta. Calvo non usa i balloons del fumetto e continua con la tradizione della didascalia cara alle riviste per ragazzi del primo Novecento, conferendo un certo classicismo alla narrazione. La storia inizia sommessamente con un nonno scoiattolo veterano di guerra ed invalido in atto di narrare i fatti ai nipoti davanti ad un caminetto e acquista progressivamente un ritmo indiavolato, appunto come in un cartone animato. Si racconta che mentre tutti gli animali vivono in armonia tra di loro, dall’altra parte del bosco il popolo dei lupi si sta addestrando alla guerra. E’ lampante l’influenza delle Silly Symphonies disneyane (4) e delle scenografie realizzate da Gustav Tenggren per Pinocchio (le case europee a graticcio) e Biancaneve e i sette nani (i boschi). Ben presto i paesaggi fiabeschi lasciano il passo a sequenze con la fucilazione di conigli in abito civile (i Francesi) da parte dei soldati lupi (i Tedeschi), torture sui prigionieri, impiccagioni pubbliche, né si risparmia la separazione di cuccioli degli stessi conigli dalle madri che vengono deportate tramite convoglio ferroviario. Una seconda deportazione avviene sotto la neve, e nelle panoramiche di scontri con esplosioni i personaggi vengono dilaniati senza fare ammenda sul sangue. Tutto piuttosto crudo ma pur sempre nell’estetica del cartone animato, con i corpi che si scompongono in pezzetti cilindrici. Insomma gli eventi raccontati sono tristi e drammatici ma la forma scelta per la loro esposizione è accattivante, satirica e spesso alla portata di un bambino. Alcune illustrazioni a doppia pagina con spettacolari battaglie inquadrate dal punto di vista aereo costituiscono universi di figure che stimolano la curiosità del lettore e richiedono pazienza nell’osservazione del tutto. Bisogna in primis riconoscere gli eserciti animaleschi: i lupi tedeschi (ma ai grandi comandanti sono affibbiate iconografie speciali, Goering è un maiale tronfio di medaglie e distintivi e Goebbels una puzzola urlante che sputacchia sui microfoni; solo Rommel, già consolidato come volpe, resta con le sembianze di lupo), i bisonti americani, i conigli, le rane e le cicogne francesi, i bulldog inglesi, gli orsi russi, i leoni africani, le scimmie giapponesi e le iene italiane. Relativamente a quest’ultima associazione si osservi l’immagine di pag.3 del secondo albo dove si rivela il tentativo di emulazione hitleriana da parte della iena Mussolini che pateticamente si traveste da lupo (5). L’Italia è ancora al centro nella pagina in cui gli alleati sbarcano in Sicilia; il celebre stivale è ormai decrepito ma la Sicilia prende la forma rotonda di una scatola di lucido da scarpe su cui è scritto “Cirage Sicilien”, di quelle tanto in uso negli anni Trenta e Quaranta, presagio di aggiustamento e conseguente ritorno allo splendore perduto. Procede in coppia con questo simbolismo di molte tavole (6) il realismo dedicato alla rappresentazione degli armamenti, dei cantieri navali, delle fabbriche in fiamme, dei deragliamenti ferroviari, delle antiche architetture dei centri cittadini d’Europa, spesso inquadrate anche attraverso prospettive difficili. A questi due registri rappresentativi se ne unisce un terzo, che punta sul favolistico-pittoresco, che può essere ben esemplificato dalla scena con il trasporto di Mussolini a Campo Imperatore sul Gran Sasso. Il rifugio, seppur riconoscibilissimo, svetta come il castello del mago sulla cima più impervia, pronto a sfidare ogni temporale o terremoto. Un altro esempio è quello dell’ordigno V1 che subisce un trattamento zoomorfizzante e si trasforma in un pipistrello armato. Il libro che ne scaturisce è un ibrido perfettamente calibrato, curato in ogni suo aspetto e godibilissimo. Certo l’opera ha un gusto patriottico (7) – la citazione della Libertà che guida il popolo di Eugene Delacroix nelle tavole finali la dice lunga sul fatto – ma è onesta, sofferta e senza retorica. E anche preoccupata; la storia termina con il lupaccio circondato e costretto alla resa, sconfitto ma non ammazzato, sulla scia dell’annoso dubbio sulla reale morte di Hitler all’interno del bunker (8). Chissà, forse si trattò di pietà, non di preoccupazione: se Calvo ed i suoi collaboratori avessero seguito la tradizione delle favole al lupo sarebbe toccata una sorte ben peggiore.
1) Con il quasi identico vocabolo “Werwolf” la lingua tedesco designa il lupo mannaro
2) Questo libro è ampiamente descritto e commentato in un articolo intitolato “Il becco di Donal Duck contro la svastica” nella sezione “Cattedrali di carta” del sito
3) L’albo n.1 in prima edizione risulta anche un centimetro più grande in altezza rispetto a tutti gli altri
4) Balzano agli occhi in particolare le somiglianze con Woodland cafè nell’orchestrina composta da insetti musicisti e Robber Kitten per la definizione dei characters con aspetto da gattini
5) Al nemico italiano spetta un trattamento molto severo: a pag.20 del primo albo l’aviazione italiana bombarda senza pietà gli inoffensivi civili sfollati della Francia del Sud. Il misfatto non è mai avvenuto ma la leggenda, allora particolarmente accesa, sembra che sia ancora oggi viva tra i Parigini
6) In proposito si osservino, nella pagina con la parata sullo sfondo di Notre Dame, l’emetto tedesco trasformato in vaso da fiori appeso al carro armato e la cesta sorretta dal soldato-coniglio eroe in cui le “donne” gettano i cuori fiammeggianti
7) Molte doppie tavole di battaglia raccontano il valore dei soldati francesi e quella di Bir Hakeim è una delle più spettacolari
8) In chiusura dell’ultima pagina si legge “Achevé d’imprimer en novembre 1945 avec l’espoir que la Bete est bien morte”.
Edmond Francois Calvo e Victor Dancette, La bete est mort! – La guerre mondiale chez les animaux – premier fascicule, edition G.P., 1944, formato in quarto, cartonato con dorso in tela (Nell’ultima pagina si legge “Il a été gravé et Imprimé par la Néogravure, pendant le troisième mois de la Libération …” mentre in seconda edizione compare “Il a été réimprimé par la Néogravure à la date anniversaire de la Libération de Paris…”).
Edmond Francois Calvo e Victor Dancette, La bete est mort! – La guerre mondiale chez les animaux – deuxième fascicule, edition G.P., 1945, formato in quarto, cartonato con dorso in tela.
Per entrambi gli albi non è impossibile reperire una prima edizione ma le copie rimaste sono quasi tutte malandate ed una coppia in condizione discreta arriva fino ad una stima di 1500 Euro. Il punto è che l’opera, dato il contenuto, non era concepita come lettura di lusso da conservare gelosamente bensì come semplice coppia di albi cartonati da vendere a prezzo popolare, dunque chi li acquistò verosimilmente li fece girare, li prestò, li diede in mano ai ragazzi.
L’edizione in volume unico esiste sia in lingua francese che olandese (Het Beest is Dood!), 1946, medesimo formato ma differente editore, con immagine di copertina che mostra l’ombra del lupo dittatore proiettata sul mappamondo.
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