Il becco di Donald Duck contro la svastica

The Victory March. L'industria per bambini al servizio della guerra.

copVictory   di Giorgio Perlini

E’ noto che negli anni Trenta la Disney mandò alle stampe quattro spettacolari pop-up dedicati alla sua amata coppia di topi ed uno, più bello ancora, con alcuni personaggi delle Silly Symphonies. Nonostante la bellezza di questi volumetti il libro animato più interessante dal punto di vista storico è senza dubbio The Victory March – The mystery of the treasure chest, giunto un decennio più tardi, non proprio un pop-up (la festosità del quale non si confà all’austerità della guerra), piuttosto un mechanical-book.

Nel difficile periodo della seconda guerra mondiale il governo americano invitò la popolazione ad acquistare “war bounds”, ovvero titoli di guerra, i cui proventi sarebbero stati destinati alla causa bellica. Con ottima mossa propagandistica il primo americano ad acquistarli fu il presidente Roosvelt. Casa Disney contribuì con un’idea rivolta a sensibilizzare i bambini all’idea del sacrificio economico ma ovviamente chi avrebbe aperto il portafoglio sarebbero stati i genitori. Così nel 1942, affidandosi alla nota casa editrice Random House, tutti i personaggi Disney si trovarono riuniti in una singolare avventura in un libro, verosimilmente distribuito gratis, a cui era allegato l’album per raccogliere dei piccoli bond da dieci centesimi in formato francobollo con l’effige della Guardia Nazionale, per un totale di 18 dollari e 75 pens, che potevano essere convertiti in un bond da 25 dollari consegnandoli in qualunque ufficio postale. Il governo americano si impegnava a restituire la somma al proprietario a distanza di dieci anni. Per stimolare ulteriormente i bambini il primo francobollo era già incollato nell’album.

La storia ha inizio con la sosta del trenino Casey Junior (omaggio all’eroico ingegnere americano Casey Jones, morto nel 1900 in un drammatico incidente ferroviario nel tentativo di salvare la vita ad alcuni passeggeri), da cui scende il patriottico corteo composto da Topolino col fido Pluto, Paperino ed i suoi tre nipoti (all’epoca non avevano ancora assunto le prodighe spoglie delle giovani marmotte, erano tre discoli la cui energia poteva essere incanalata nella giusta direzione, e cioè contro il nemico) Pippo (tonto sì, ma volonteroso), Orazio, la gallinella saggia, Minnie (in altre immagini di propaganda vestirà i panni della Crocerossina), Biancaneve (prototipo di mamma con tutti i sette nani-figli), i tre porcellini, Pinocchio (che ha convinto perfino l’indomito e menefreghista Lucignolo), il grillo parlante (è stato sempre la buona coscienza, figuriamoci se si poteva macchiare d’assenteismo), Penna Bianca (di fronte allo straniero nemico anche i poveri indiani sono solidali coi visi pallidi), il dragone reclutante (pure lui!), e Dumbo (con Timoteo e le gazze), che uscito cinematograficamente nel 1941 è l’ultima star dell’epoca ed infatti gli viene riservato un ruolo di spicco. Manca Bambi, protagonista del film ancora in lavorazione, sostituito però da uno dei cerbiatti di Biancaneve. Alcuni di questi personaggi, non presenti all’interno del libro sono stati aggiunti in copertina, probabilmente con un’operazione di ripensamento ( una delle figure più simpatiche è l’ex-monello Lucignolo che sventola un cartello con il gioco di parole “Stamp ‘em out” – dove il sostantivo “stamp” cioè francobollo, diventa un esortativo “calciamoli fuori”- , rivelando di conservare ancora parte della sua originaria arroganza) (*). Mentre i prodi cartoni inneggiano alla vittoria tramite l’acquisto di bonds, all’interno dell’ultimo vagone blindato si sta commettendo il misfatto; per accorgercene dobbiamo aprire la finestrella corrispondente, dietro alla quale compare un forziere: tirando la linguetta si scoprono tre loschi individui che alzano le zampe sulla cassa. Trattasi di Ezechiele lupo e due dei suoi lupetti (figli o nipoti a seconda delle circostanze) acconciati però in questo modo: sul cilindro di papà lupo campeggia la svastica, mentre i cuccioli hanno l’uno un fez col fascio, l’altro, col muso giallo e gli occhiali, un copricapo da alto ufficiale con il sol levante. La metafora è fortissima e molto azzeccata. La Disney riuscì non solo a dare una giusta connotazione bellica ai suoi personaggi positivi ma anche a sfruttare la negatività di quelli cattivi come incarnazione del nemico. E’ noto che la potenza della caratterizzazione dei personaggi malvagi dell’universo Disney supera spesso quella dei personaggi buoni. In questo caso i tre cattivi sono veramente indimenticabili. E pensare che in Italia il lupo Ezechiele non aveva ancora questo nome buffo ed umanizzante ed era sempre accompagnato dall’aggettivo “mannaro”. Date le circostanze il libro non fu mai tradotto né edito fuori d’America e le forze del cosiddetto “Asse” non ebbero l’occasione di vederlo. Ma l’idea vincente fu quella di cercare per tre nemici tanto cattivi un degno eroe in grado di sconfiggerli, ed identificare in lui il più sfortunato dei beniamini, Paperino. La scelta ovvia sarebbe stata optare per Topolino; sebbene nato scavezzacollo, il topo era già stato riplasmato da Floyd Goffredson con le caratteristiche dell’ardimento del pioniere e dell’intelligenza dell’investigatore, dunque un eroe sperimentato ed amato. Ma trasformare l’iracondo, dispettoso, pasticcione e spesso incapace Paperino in colui che può sconfiggere il nazismo voleva dire che anche l’ultimo degli Americani poteva portare il suo contributo alla vittoria. Memore di questo successo il papero l’anno successivo se la dovette vedere direttamente con Hitler nel cartone Der Fuehrer’s Face, premiato con l’Oscar, diventato una delle sue interpretazioni più celebri e tuttora ufficialmente inedito in Italia.

Nello specifico del libro Paperino riesce a recuperare il misterioso maltolto (cosa conterrà il forziere?) inseguito dai malvagi a loro volta inseguiti dai buoni. Durante la fuga i nostri attraversano luoghi iconici della storia americana, la cupola del Capitol Dome, il Licoln Memorial, la Reflecting Pool (enorme piscina che collega la statua di Lincoln a quella di Washington, attraversata a nuoto dal papero eroe). Giunto in cima all’obelisco di Washington Paperino rischia la vita tra le fiamme. Nel confronto col fuoco i nostri riecheggiano le loro stesse gesta: il lupo finisce di nuovo con le natiche arrostite, non dal caminetto ma dal drago riluttante e Dumbo si getta volando nell’incendio come nel film, stavolta per salvare Paperino. I nani, già esperti nell’inseguimento della strega non fanno fatica a correre dietro ad Ezechiele, ed i tre porcellini sono ben lieti di invertire le parti. La fuga si conclude con le forze dell’Asse legate a mo’ di prede di caccia. Si giunge alla soluzione del mistero, la cassa del tesoro contiene uno dei patriottici francobolli che, così recuperato verrà donato da Paperino al bambino possessore del libro, allegando all’ultima pagina del libro l’albetto per la raccolta col primo bollo già incollato. Compare anche lo Zio Sam, personaggio di fantasia, dunque cartone tra i cartoni, col cilindro peloso e la barba caprina, sorridente e privo di quella seriosità lasciata intatta all’effige monumentale di Lincoln. Zio Sam rivela, in un succedersi di immagini in rotazione, come verranno impiegati i fondi versati acquistando titoli e bonds; una parata didattica e spettacolare di armamenti rende gioiosamente consapevoli quei personaggi che pochi anni prima erano campioni di innocenza.

Per ideare la storia Disney chiamò Chester Williams, un letterato noto anche come pedagogo e uomo di politica che elaborò un testo in rima in quartine alternate. Difficile risulta identificare l’autore delle immagini; qualcuno ha fatto il nome di Hank Porter, uno dei più celebri disegnatori del dipartimento immagini promozionali della Disney, il quale realizzò molti disegni per la campagna di guerra ma il segno non è così fluido e variato come il suo. In particolare è la caratterizzazione di Topolino e Minni che farebbe pensare a qualcun altro, o almeno all’intervento di un secondo disegnatore nel ripasso a china. Vi è infatti un dettaglio non marginale: è noto che il cambio del disegno degli occhi di Topolino avvenne a metà di una storia eseguita tra il 1938 ed il 1939 da Floyd Gottfredson. Sembra però che Porter disegnasse la coppia di topi col vecchio look ancora negli anni Quaranta, ed in questo libro i due appaiono invece aggiornati. Data la bravura di questi disegnatori nel tentativo di restare impersonali e al servizio dei personaggi è effettivamente difficile un’identificazione sicura. Forse subentrò anche un terzo artista nelle pagine contenenti le architetture. Al di là di tutto questo il libro è godibilissimo e costituisce una preziosa testimonianza dello sforzo bellico americano. Difficile sapere dove venisse distribuito e quante copie ne siano state stampate, ma a giudicare dal suo grado di reperibilità decisamente basso – con conseguente alto grado di collezionabilità e relativo valore commerciale – non venne realizzato in grandi quantità, forse perché il processo delle fustelle con l’appropriato assemblaggio era molto costoso. Più semplice è invece recuperare l’albetto con i bonds ma bisognerebbe essere sicuri di quale fosse la variante giusta. Ne esistono infatti di aspetto diverso se pur delle medesime dimensioni. Puntando sull’anno di stampa, il prezzo dei bolli ed altri piccoli particolari come l’assenza di tracce di colla sul retro (quelli con la colla erano attaccati in mezzo a biglietti augurali) è quasi scuro che l’albetto giusto sia quello fotografato per questo articolo, decisamente meno interessante e meno raro della versione contenente le caricature di Hitler, Goebbels, Goering, Mussolini, Hirohito e Konoe, ma troppo difficili per i bambini.

Come chiusura della storia in quarta di copertina del libro campeggia una “V” formata da Topolino e Paperino che ribadiscono l’iniziale con indice e medio, sotto ai quali un’altra “V” in alfabeto morse ( punto, punto, punto, linea ) viene composta dai tre porcellini e Pluto. L’ immagine verrà ripresa sul retro dello spartito di Der Fuehrer’s Face sulla cui fronte un’irresistibile Paperino prende a pomodori in faccia la caricatura dell’odiato dittatore. E forse quella monelleria scaramantica qualche anno dopo porterà davvero fortuna allo Zio Sam.

 

(*) In Der Fuehrer’s Face lo slogan diventerà “kick in the axes”, sovrapponendo “axes”, cioè “asse” ad “ass” (fondoschiena), dunque “prendiamoli a calci nel sedere”.

 

Walt Disney & Chester Williams, The Victory March – The mystery of the treasure chest, 1942, Randon House, in ottavo, cartonato rilegato con spirale metallica, n.10 pagine animate, con allegato album del ministero della difesa munito di francobollo-bond da 10 centesimi.




Commenti

  1. 01. guido baiocchi

    belle novita’ grazie

  2. 02. Paolo Forni

    Veramente un bel pezzo! Un frammento di storia che illustra bene come lo sforzo bellico coinvolgesse tutte. Ci dovrebbe essere anche oggi, visto che la pandemia è una sorta di guerra che affligge tutti, dove non ci sono vincitori e vinti, ma solo vittime.

  3. 03. Giorgio Perlini

    Grazie Paolo. Hai proprio ragione, il patriottismo dovrebbe riguardare la “patria-mondo” e lo sforzo dovrebbe essere in un’unica direzione.


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