Recentemente sono riuscito ad acquistare un libro a cui davo la caccia da tempo. Negli ultimi tre anni in rete ne sono comparse tre copie ma le offerte degli altri collezionisti hanno sempre superato di gran lunga le mie possibilità. Stavolta ce l’ho fatta. E’ una quarta edizione – identica alla prima salvo la copertina – tirata a due anni di distanza dall’originale ma siamo comunque abbastanza indietro con gli anni, nel 1865, ed il pezzo, seppure stampato a Londra, mi è stato venduto da un libraio americano che ci teneva a sottolinearne la preziosità aggiungendo dopo la data di pubblicazione “the year the civil world ended in the USA”. Il libro si intitola Spectropia or surprising spectral illusions. Showing Ghosts everywhere and of any colour.
Confesso che non mi ero mai soffermato a cercare di capire da quale punto di vista l’argomento “spettri” venisse trattato, mi interessava comunque, per il tema oscuro e la presenza di illustrazioni che avevo avuto modo di osservare on line: popolari, grezze, dipinte a macchie senza modulazioni di tono, esercitavano su di me un fascino diverso dai preziosismi del libro illustrato canonico. Sapevo che il contesto in cui il libro era stato realizzato era l’Ottocento secolo dei fantasmi, con le loro infestazioni di manieri e dimore nobiliari le loro fugaci apparizioni durante le sedute spiritiche. Da quando le sorelle Fox resero conto del verificarsi di fenomeni paranormali, veri o presunti tali, e Allan Kardec fondò una vera e propria disciplina del sovrannaturale, i circoli spiritici fiorirono in tutte le società borghesi d’Europa e d’America, coinvolgendo personaggi celebri che aderirono a quella che nel giro di breve tempo divenne quasi una moda. Controcorrente furono in pochi coraggiosi, come il grande Harry Houdini, che combatterono contro la diffusione dello spiritismo convinti della falsità del fenomeno. Houdini in particolare si diede da fare e riuscì a smascherare i falsi medium. I fantasmi non sono esclusivamente connessi con la seduta medianica ma trovano in questa una delle possibilità di apparizione, materializzandosi attraverso una sostanza fluida e a volte luminescente, definita ectoplasma.
Spectropia si presenta con una suggestiva copertina blu-verde dove compare una figura evanescente, vestita con abito lungo e tanto di cappuccio, col braccio minacciosamente teso, derivata in parte da un modello alto, le streghe dipinte da Fussli ispirato dal Macbeth, in parte da un modello popolare, l’incisione di inizio Ottocento che mostra l’evocazione di uno spettro, all’interno di un cimitero, da parte dei negromanti elisabettiani John Dee ed Edward Kelley.
Il titolo del libro equivoca volutamente sull’origine della parola “spectrum” (“immagine” ma anche “fantasma”), da “spectare”, cioè “guardare” in generale, e spesso nell’accezione di “assistere ad uno spettacolo”. In Inglese, come anche in Italiano, la parola spettro indica sia la gamma delle frequenze di cui è composta la luce, con i colori dal rosso al violetto (“colour spectrum”, cioè spettro ottico, o anche solare), sia il fantasma di un defunto.
Dunque un tentativo di traduzione italiana che contempli entrambi i significati potrebbe essere “spettrovisione”. In realtà il vocabolo originale fa il verso a “phantasmagorie”, termine con cui vennero identificati alla fine del XVIII secolo gli spettacoli del belga Etienne Gaspard Robertson, che servendosi di lanterne magiche e specchi sbalordiva il pubblico parigino proiettando all’interno di abbazie in rovina immagini di spettri usando sbuffi di fumo bianco a mo’ di schermo fluttuante. Il tutto ovviamente di notte.
Insomma, a parte la parola “illusions” del sottotitolo, peraltro poco visibile se confrontata con le dimensioni della parola “Ghosts” tutto farebbe pensare ad un libro a favore della tesi “esistenza”. Ed invece, scopro con mia grande sorpresa, trattarsi di un trattatello scientifico di finalità divulgativa, poche pagine per spiegare come sia possibile all’occhio umano vedere fantasmi laddove non ce ne sono affatto, e cioè dappertutto, purché si seguano bene le istruzioni. J.H.Brown, l’autore, spiega già dall’introduzione che le illusioni ottiche si basano su due fattori, e cioè la persistenza delle immagini nella retina e la produzione, sempre retinica, di colori complementari. Le prime pagine del libro verranno dunque dedicate alle istruzioni da seguire per vedere i fantasmi, poi ci saranno pagine dedicate alla disanima scientifica del fenomeno ed infine una serie di immagini chiave, riproducenti spettri, interi o solo nel volto, da guardare per la riuscita dell’esperimento. Relativamente a queste l’autore si scusa per la loro non eccessiva eleganza e per la discontinuità stilistica, dichiarando che sono state scelte per motivi di efficacia ( il disegnatore sembrerebbe essere lo stesso Brown, ogni figura riporta in basso la didascalia “designed by J.H.Brown”). Per vedere i fantasmi bisogna seguire questa procedura: osservare l’immagine scelta, ben illuminata, fissando per venti secondi l’asterisco (posto solitamente sotto al volto dello spettro) senza mai muovere la testa o distogliere lo sguardo, poi voltarsi verso una nuova superficie, che potrebbe essere un foglio bianco, possibilmente posto in un luogo ombroso, ma anche un muro, o perfino le nuvole. Dopo poco, tenendo lo sguardo fisso sulla nuova superficie si vedrà apparire un’immagine delle fattezze di quella osservata ma con i colori invertiti (i colori complementari). Le dimensioni di questa nuova immagine sembreranno diverse in base alla lontananza dello schermo di proiezione, nel caso guardassimo il cielo l’immagine sembrerebbe enorme. I colori potrebbero variare da uno sperimentatore all’altro, causa le diverse sensibilità della retina. Se poi qualcuno non riuscisse a vedere alcunché la causa sarebbe un errore nella procedura dell’esperimento dato quasi sicuramente dallo spostamento dello sguardo. Insomma, se seguite la prassi i fantasmi li vedete di sicuro, è scientifico. Ed in effetti è proprio così, io il gioco lo conoscevo già, ma non sapevo che esistesse un libretto del XIX secolo che portasse questa tesi come motivazione contro lo spiritismo. Brown è uno dei primi a sostenere che parecchi ciarlatani svuotino le tasche di poveri ingenui convinti di poter comunicare con i loro defunti, con un chiaro attacco – senza farne esplicitamente il nome – ad Allan Kardec “ the modern professor of these impostures ” che in quegli stessi anni pubblicava libri come Le Livre des Esprits (1857), Le livre des Médiums (1861) e L’Evangile selon le Spiritisme (1864). E’ chiaro che gli esperimenti di Brown non possono spiegare totalmente la questione delle apparizioni sovrannaturali ma svelano almeno una parte dell’arcano, suggerendo come l’occhio di fronte a certe configurazioni venga ingannato; si pensi allora a quante illusioni possono essere state prodotte delle bizzarre fantasie delle carte da parato così diffuse nell’Ottocento o dagli arabeschi dei mobili in radica, con le lampade a gas che tentavano di illuminare quei vasti saloni in penombra. I falsi medium, con abilità da prestigiatori, avrebbero indotto gli spettatori-vittime a guardare laddove un artificio avrebbe causato la visione e la suggestione avrebbe completato il gioco.
L’opera è affascinante. Mi ci sono divertito da solo e con i figli; Tommaso ha dodici anni e frequenta la seconda media. Sostiene che dal libro ha imparato come vedere i fantasmi e adesso, con buona pace del signor Brown, li sa vedere anche senza libro…
Per coloro a cui può interessare una “completezza” bibliografica aggiungo le seguenti note.
Gli estremi completi del libro sono:
Spectropia or surprising spectral illusions. Showing Ghosts everywhere and of any colour. By J.H.Brown, London: Griffith & Farran, corner of St.Paul’s churchyard. H.&C. Treacher, Brighton. Prima edizione 1863.
Il formato è in quarto, cartonato, nove pagine scritte più sedici illustrazioni colorate a mano sopra disegno con chiaroscuro litografico.
L’edizione Americana (New York: Jams G.Gregory, 1864, 540 Broadway) risulta differente da quella inglese in queste varianti:
Copertina in giallo-verde, più spettacolare, con fantasma che tiene aperto il mantello che fa da fondale dove si vedono lo spettro protagonista girato ribaltato verso sinistra e le scritte più stravaganti, in particolare la parola “Ghosts” formata da caratteri ottenuti incrociando ossa e trasformando le lettere in mostri. Con cornice a rettangoli in nero tutta intorno. La fotografia relativa a corredo dell’articolo è tratta da Wikipedia che ha dedicato una pagina, sebbene stringata, al libro.
La numerazione delle tavole è in numeri arabi e non riporta la didascalia con il nome dell’autore (J.H.Brown) e quello dell’editore (Griffith & Farran)
Le tavole sono tutte impaginate in successione, mentre in quella inglese la prima è divisa dalle altre e fa da frontespizio, precedendo l’introduzione.
Le tavole variano per alcuni dettagli del disegno, nonché nell’orientamento dello stesso nella pagina ( le immagini con figure distese in orizzontale sono state verticalizzate ).
La quarta di copertina è muta e non riporta il catalogo dell’editore, presente in quella inglese.
La prima edizione inglese riporta le tavole come quella americana, con tanto di numeri arabi .
Dalla seconda edizione inglese (1864) cambia la copertina che resta invariata nelle edizioni successive.
Il libro risulta ristampato più volte negli ultimi dieci anni, in brossura un po’ sciatta da fascicolo economico, con l’immagine classica virata in rosa-violetto, con evidente quanto inopportuno richiamo psichedelico.
Esiste anche un’ antica edizione tedesca intitolata Brown’s Kleur-visioenen met een woord ter aanwijzing en verklaring, edita da Leeuwarden Hugo Suringar nel 1866. La copertina è quella ufficiale delle edizioni successive alla prima, ovviamente cambiano le scritte.
Se siete così stoici da avermi seguito fin qui senza sbadigliare consentitemi anche di azzardare due ipotesi per la variazione dell’immagine di copertina:
a) l’edizione inglese ha la copertina blu-verde fin dalla prima tiratura, cambiata dall’editore americano con una efficace manovra di marketing per rendere il libro più spettacolare (dunque più consono al pubblico degli USA).
b) la prima edizione inglese ha la copertina che poi è rimasta nelle edizioni americane. Il signor J.H.Brown protesta con l’editore perché l’immagine induce a pensare gli acquirenti distratti (quelli come me) che si tratti di un libro a favore dello spiritismo e dell’evocazione di chissà quali entità; i due giungono ad una copertina compromesso, leggermente ridimensionata nell’aspetto spettrale, insomma meno terrificante ma pur sempre molto evocativa.
Comunque siano andate le cose il tempo ha dato ragione all’editore. Del signor J.H.Brown nessuno sa più niente (ho fatto ricerche su di lui e non sono riuscito a reperire notizia alcuna) mentre la copertina del suo libro, sebbene in seconda versione, viene oggi riprodotta per il mercato inglese, americano ed anche italiano in vari formati ed in stampe di alta qualità, perfino su tela, come immagine da appendere, se richiesto già incorniciata.
01. Danilo
In effetti ci vuole moooolta pazienza per arrivare fin qui… ma la tua appassionata passione passionevole per questi libri …”libri”?? E’ riduttivo… li fai apparire come vere e proprie “opere d’arte”, vive nei secoli dei secoli affidate ora al grande magma infinito (ed eterno) di internet… e per chi, come me, non è certo una cima in fatto di !arte! rimane solo una cosa da dire.. GRAZIE 🙂
02. Giorgio Perlini
Grazie a te Danilo. Non sono io che li faccio apparire opere d’arte, sono coloro che li hanno scritti ed illustrati ad aver creato opere straordinarie, io mi lascio semplicemente coinvolgere.