Tony Sarg cantore di New York

La comica entropia della metropoli

di Giorgio Perlini

 

 

 

A volte la dedizione di un artista nel raccontare la città in cui vive prende i connotati di una dichiarazione d’amore che si configura come dipendenza dalla madre, concupiscenza della fidanzata, orgoglio della sposa: penso a Bartolomeo Pinelli e Roma, Canaletto e Venezia, Hiroshige e Edo (l’antica Tokyo), ma anche Robert Doisneau e Parigi, Wim Wenders e Berlino, Francois Schuiten e Bruxelles. Fra tante coppie più o meno celebrate una delle meno note in Italia è costituita da un illustratore chiamato Tony Sarg e la “sua” New York, quella degli anni Venti del Novecento. Non si trattava della città natale, Sarg era nato nel 1880 in Guatemala da un padre tedesco ed una madre inglese. Non era neanche il luogo dove aveva passato la fanciullezza, durante la quale attraversò la Germania e l’Inghilterra. New York era il posto dove, una volta giunto, aveva deciso di terminare le peregrinazioni. Sarg non era un disegnatore comune; costruiva marionette e pupazzi, progettava grandi gonfiabili per le parate delle feste tradizionali (realizzò perfino un enorme serpente marino galleggiante per la cittadina di Nantuket), inventava libri pop-up con sorprendenti giochetti che non potevano essere ricondotti nella tradizione del libro animato. Tanto i libri di Sarg apparivano bizzarri, tanto più risultavano divertenti e didattici. Tony Sarg’s Saving Book è un raccoglitore di monete strutturato come un racconto, completato il quale si arriva ad aver accumulato cinque dollari. Tony Sarg’s Book of Trick è un libro-gioco zeppo di gadget che trasformano le pagine in teatrino e fanno delle dita del lettore l’anima dei personaggi. Tony Sarg’s Magic Movie Book è un volumetto con i disegni stampati in sovrimpressione di due colori differenti: inforcando gli occhialini allegati (solitamente concepiti per l’effetto tridimensionale) e alternando il filtro rosso/blu le illustrazioni si muovono come in un cartone animato. La costante del nome dell’autore dotato di genitivo sassone in ogni titolo non costituiva solo un motivo di affermazione bensì una garanzia per l’acquisto. Quel nome era dunque decisamente importante nel campo del libro d’infanzia. Non si sottrae alla regola neanche il libro oggetto di questo articolo, e cioè Tony Sarg’s New York (1), che però non è destinato ai bambini. Trattasi di un volume in folio dall’aspetto elegante, stampato in bella tecnica litografica su carta pesante e rilegato con copertina in tela nera sulla quale è inserita un’immagine con la veduta aerea della baia della città, ed in basso la firma dell’autore impressa a secco e dorata. L’anno di stampa è il 1926, e nulla lascia presagire la grande crisi che arriverà tre anni dopo. L’albo, concepito come un vero art-book, è una galleria di tavole a piena pagina introdotte da una semplice didascalia a fronte e si apre con un’immagine della grande stazione centrale di Midtown Manhattan gremita di personaggi che si muovono in ogni direzione. Il fermento comunica ottimismo e fiducia nel progresso. La fatica di qualcuno che trasporta bagagli troppo ingombranti, il disorientamento di qualcun altro, la preoccupazione di genitori all’inseguimento dei figli non possono di certo guastare l’allegro clima della metropoli e anzi contribuiscono alla vivacità della scena. Fulcro decentrato appare il punto di informazioni al di sotto del celebre orologio d’opale a quattro facce da cui si sviluppa un dinamismo centripeto e centrifugo che solo un punto di vista a volo d’uccello è in grado di cogliere e ricondurre entro uno schema quasi ordinato. L’inquadratura è infatti soprelevata, Sarg è salito fino alla balaustra per coglierla. Nella tavola in questione c’è già l’intero sviluppo del libro; le caratteristiche descritte nelle righe precedenti sono le costanti di tutto quanto seguirà e se ciò potrebbe apparire come una mancanza di fantasia e costituire una ripetizione noiosa nel lavoro di un disegnatore medio, in Sarg assurge a profonda solidità stilistica e al contempo suscita un senso di meraviglia nel riconoscimento delle infinite variazioni sul tema. Tony Sarg’s New York è la celebrazione della città come luogo della vita moderna veloce, a volte affannosa, eppure dirompente e comica per l’osservatore attento. I personaggi brulicanti nelle 24 tavole concorrono alla ricostruzione del tutto con lo svolgersi delle azioni fissate in quel momento. Gli incidenti di percorso in cui incorrono imparentano le scene ai grandi film muti di Chaplin e Keaton e portano alla considerazione che chiunque può risultare buffo agli occhi altrui perché tale comicità è sempre involontaria. New York allora è solo una cornice, bellissima, funzionale e puntualmente caratterizzata, ma pur sempre cornice: la vita vera è all’interno e fa sorridere. A tal fine le prospettive scelte sono sempre poco spinte, quasi delle assonometrie; punti di fuga bizzarri o troppo vertiginosi comporterebbero una prevaricazione dell’ambiente generale sulla sua popolazione ed anche uno spostamento dell’attenzione sui dettagli decorativo-architettonici. Eppure l’opera ha una innegabile connotazione art-déco e concede di immergersi in un fascinoso tempo passato. Godibilissime le scene al museo di storia naturale con gli irrinunciabili scheletri di dinosauri e all’acquario con le vasche per le tartarughe, i pellicani e perfino i limuli. Sarg è in grado di vedere e poi trasferire su carta quanto c’è di ironico in ogni personaggio: le guide declamano con tono oratorio, i bambini più piccoli tendono per natura al comportamento pericoloso, in primis la caduta nell’acqua, i bambini maschi un po’ più grandi si compiacciono nei dispetti alle loro compagne, i custodi si sgolano nel cercare di mantenere l’ordine, le signore dell’alta borghesia sfoggiano cappelli troppo voluminosi, e perfino coloro che sostano immobili a leggere targhe fanno ridere perché assumono pose insolite, magari avvicinandosi troppo poiché miopi. Certe situazioni collegano figure lontane nel disegno che vanno associate dedicando tempo all’analisi della tavola. A volte il sorriso si intreccia con la malinconia: fidanzati si attendono invano senza vedersi, possibili incontri romantici sfumano per distrazione oppure per timidezza, come accade nell’illustrazione della Paecock Alley all’interno del vecchio hotel Waldorf Astoria, sostituito qualche anno dopo da un edificio ancora più lussuoso. C’è anche una certa testimonianza storica nell’opera di Sarg, esemplare l’illustrazione della Hall of Casts del Metropolitan Museum of Art, che si scopre eseguita con assoluta fedeltà se la si confronta con le fotografie dell’epoca. Vi si riconoscono le riproduzioni dei monumenti equestri di Bartolomeo Colleoni e Marco Aurelio torreggianti ai lati di un modellino del Partenone alle cui spalle si intravede un modello in scale maggiore dell’Eretteo. Ma anche qui le statue grigie occultano le loro forme di fronte alla vivacità dei colori con cui sono vestiti i visitatori, molti dei quali commentano il lavoro del pittore intento a ritrarre la scultura del Verrocchio. Proseguendo nello sfoglio del volume anche gli eventi atmosferici, il vento in primis, concorrono al divertimento nelle scene all’aperto: nell’angolo del celebre palazzo a cuneo chiamato Flatiron building si concentrano correnti capaci di sollevare i passanti, specie se, pensando di ripararsi dalla pioggia, commettono l’imprudenza di tenere l’ombrello aperto. Qui Sarg introduce un elemento nuovo, il riflesso grigio sotto ai piedi delle figure, che ben comunica l’effetto del suolo bagnato e rende evidente qualcosa che poteva essere sfuggito fino ad ora, e cioè che i personaggi non proiettano mai ombre: la motivazione è ancora da ricondurre alla centralità delle figure, le quali, così minute, fornite di maggiore realismo perderebbero la loro espressiva iconicità. Dopo averci condotto ad osservare, proponendo una tavola dedicata alla stazione centrale della metropolitana, che il formicaio si propaga anche in profondità, giungono due illustrazioni particolarmente importanti, l’una di seguito all’altra, che mostrano Chinatown e Broadway (all’epoca Great White Way): costituiscono una chiave di lettura stilistico-tematica poiché da un lato indicano quanto il disegnatore si sia ispirato alla rappresentazione del vecchio oriente tipica delle stampe Hukiyo-e, e dall’altro ribadiscono che il nuovo centro è l’America progressista, notturna ma luminosa, verticale, motorizzata e roboante, pubblicitaria. In maniera emblematica l’unico grande volto dell’intero libro, un primo piano di giovane con pipa e berretto Gatsby, svetta al limite superiore dell’inquadratura: è il viso del testimonial del tabacco “Prince Albert” ma il nome della marca è discretamente tagliato fuori mostrandone solo lo slogan “the national joy smoke”. Quel ragazzo maturo e sicuro di sé fin quasi alla spavalderia è l’immagine studiata a tavolino di New York e dell’America intera che i mass media propagano nel mondo. Ma nello stato reale delle cose la popolazione (forse l’umanità) continuerà ad essere buffa senza rendersene conto come in questa immagine splendida: scippatori inseguiti dai derubati, automobili in panne in mezzo alla strada, pedoni in preda al panico nel traffico, musicisti soggiogati nel traporto degli strumenti, resse alla fermata dei mezzi pubblici, accostamenti tra elegantoni e poveracci, proprietari di cani al guinzaglio travolti dal passaggio di un gatto…

 

(1) La ristampa del 2007 per i tipi della Universe col titolo Up & Down New York lascia pensare che l’autore oggi non goda più di tanta fama neanche negli Stati Uniti.

 

Tony Sarg, Tony Sarg’s New York, cartonato e telato, in folio, Greenberg Publisher, 1926, con 24 litografie a tutta pagina. Esiste anche un’edizione dello stesso anno di sole 100 copie numerate e firmate, con copertina insolitamente anonima.




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